Commento al Vangelo di fra Vincenzo Ippolito ofm
XV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (Anno A) – 16 luglio 2023
Dal Vangelo secondo Matteo (13,23)
“Quello seminato sul terreno buono è colui che ascolta la Parola e la comprende; questi dà frutto e produce il cento, il sessanta, il trenta per uno”
Ci sono due strade a nostra disposizione, quando vogliamo parlare, la prima è il discorso astratto, talvolta freddo e razionale, dove le parole rincorrono i pensieri e cercano di tradurli al meglio; l’altra via è l’immagine, più semplice ed immediata, perché, mentre si ascolta, vedi volare libera la fantasia, imprimendo meglio nella mente ciò che le parole vogliono significare.
La Scrittura predilige questa seconda strada, piana e dolce, non certo meno incisiva ed audace dell’altra. Richiami diretti alla vita portano il lettore a rivivere esperienze passate, riflettendo su quanto la storia sia maestra per tutti. Facendo così, il profeta Isaia paragona la parola di Dio all’acqua, che scende e ritorna al cielo, dopo aver fecondato e fatto germinare la terra, mentre Gesù parla del seme, quando vuole che i discepoli pensino alle potenzialità straordinarie che la sua parola di vita trasmette. Le immagini che si rincorrono dicono la forza della grazia e il cammino nostro davanti al bivio di una parola che è vita e morte, a seconda di chi e come la accoglie. Difatti, si sta parlando di noi, presentando la terra buona, che come un grembo, accoglie il seme e lo lascia marcire prima, poi trasformare in stelo, spiga e chicco pieno. Siamo noi quei rovi, quando soffochiamo lo sviluppo graduale del bene, preoccupati per le cose del mondo e sedotti dall’inganno delle ricchezze; noi, noi siamo quel terreno sassoso, quando subito ci esaltiamo per ciò il Signore ci dice, ma poi, nelle tribolazioni e persecuzioni, siamo incostanti ed il seme non riesce a mettere radici profonde. Nella strada, dove il chicco cade ed è preda del Maligno Gesù sta svelando la verità di noi a noi stessi, nel nostro essere impenetrabili alla grazia, chiusi alla sua azioni, ribelli alla sua volontà, arroccati nelle nostre illusioni. Eppure la parola di Cristo è seme, potenza di trasformazione, forza di novità, germe di autenticità, grazia di vita, energia di crescita bella, vigore di conversione vera, azione divina che ogni realtà feconda e fa progredire nel bene, che viene da Dio e cresce grazia al suo Spirito. Seme è la parola di Cristo, che germina nelle profondità dell’animo, smovendo lentamente il terreno, luce è la sua parola, che scende nelle segrete del cuore e cresce nell’intensità il suo chiarore, con il buoi che diventa sempre più profondo. La grazia è sempre inversamente proporzionata al peccato, più l’errore nostro macchia l’anima nostra, maggiore è la passibilità offerta da Dio nel redimerci. Se l’uomo non vive solo di pane, ma di quanto esce dalla bocca di Dio, le labbra di Cristo sono più preziose del forno che genera l’impasto di farina che ci alimenta, della fresca sorgente che offre il refrigerio della sua acqua, nella calura d’estate.
Doveri piangere il peccato del mio essere ora terreno sassoso o infestato da spine oppure ancor peggio, strada, ma non è ben guardare eccessivamente verso di me, distogliendo l’attenzione da Lui, non serve ora fare ammenda delle colpe commesse, anche se è giusto chiedere perdono per gli errori, in cui continuamente incorro. Il dono di Cristo per me ora è riconoscere che la sua parola è potenza di vita, la sua voce può trasformarmi, accompagnata dal suo sguardo d’amore rivolto sopra di me, come un giorno sul giovane ricco, può cambiarmi, rendendomi creatura nuova. Tu solo, o Signore, hai parola di vita eterna! Lontano da te c’è il brusio delle voci che confondono, fuori dal tuo recinto, le opinioni contrastanti degli uomini che sono menzogne. La tua voce è il mio seme, la tua parola, il mio cibo. Non posso però nutrirmi di te sporadicamente, né bere alla tua fonte raramente. Ogni giorno posso e devo ascoltarti e dissetarmi di te alla fonte della Scrittura, posso perché voglio, con la tua grazia, rispondere al tuo amore, devo, voglio, nella consapevolezza che ti doni a me, senza misura. Sarò tante altre volte strada ed il Maligno mi ruberà la grazia, altrettante volte mi chiuderò alla forza dell’amore tuo e il seme della tua vita diverrà per me caparra di morte, per la mia infedeltà, ma, con il tuo aiuto, Signore, voglio seguirti, con la tua grazia, Gesù, voglio obbedirti. Cadrò forse altre mille volte, ma con la tua forza, mille volte mi alzerò. Continuerò a fuggire dalla verità che tu mi doni e altrettante volte sperimenterò la misericordia che mi guarisce, la vita che mi fa vivere, per la forza del tuo perdono che, come il figlio prodigo, mi fa stare alla tua presenza. La tua parola è acqua ed io so, per esperienza, che ne ho bisogno. Tante volte ho errato, trascinandomi con mani e piedi, per cercare cisterne. La Scrittura è il mio pozzo, il tuo cuore, o Gesù, la sorgente della vita.
Non possiamo vivere senza parole, ma dobbiamo riconoscere quali hanno il gusto del bene e donano veramente la vita. Acqua e pane è la parola di Dio, refrigerio e vita è Gesù Cristo per noi. E se lungo è il cammino, perché l’acqua ritorni al cielo ed il seme diventi spiga e chicco pieno, con amorosa fedeltà dobbiamo accogliere i tempi della nostra crescita, facendoci portare dalla grazia onnipotente di Dio, che fa meraviglie. Tu solo, o Signore, “apri la mano e sazi al fame di ogni vivente”.